Discorso Corte dei Conti
Relazione dell’Avv. Silvana Congiu, Presidente della Società Sarda degli Avvocati Amministrativisti, nella cerimonia di celebrazione dei 150 anni della istituzione della Corte dei Conti dello Stato e dei trent’anni della istituzione della Sezione Giurisdizionale della Sardegna – Cagliari 23 Novembre 2012.
La Corte dei Conti, evoluzione storica, tutela e valori etici.
L’istituto del controllo sul corretto esercizio della spesa pubblica a servizio dello Stato ha radici lontane: già nel Ducato di Savoia, divenuto in seguito Regno Sardo Piemontese, fu istituita la Camera dei Conti fin dal 1351 simile a quella che fu istituita in Francia nel 1319.
Nei secoli che seguirono la Camera dei Conti fu istituita a Torino e nel Regno di Napoli (intorno al ‘500) nonché nel Regno Lombardo Veneto (alla fine del ‘700).
Nello Stato Pontificio la Camera Apostolica, avente funzioni di controllo e revisione contabile, operava fin dal XIII° secolo.
La Camera dei Conti, che costituiva il peculiare strumento per il controllo dell’operato dei suoi funzionari deputati all’impiego delle risorse economiche e pecuniarie delle monarchie assolute di antico regime, ha subito importanti trasformazioni per composizione e funzioni (ad esempio, proprio in Francia nel settembre del 1807, ad opera di Napoleone è stata modificata in organo collegiale) nel corso dei successivi secoli, segnati da epocali cambiamenti –dalle monarchie assolute a quelle costituzionali, con la parentesi dell’impero napoleonico prima e dei regimi dittatoriali poi, fino ai moderni stati democratici- attraverso drammatiche vicende belliche.
Nel 1859, nel Regno di Sardegna si avvia la trasformazione della vecchia Camera dei Conti del Ducato di Savoia, che viene sostituita dalla “Corte dei Conti” con funzioni gradualmente estese ad altre regioni, nel lungo processo di unificazione d’Italia: continuano, ad esempio, a sopravvivere ancora per un certo tempo la Granducale Corte dei Conti in Toscana e la Gran Corte dei Conti napoletana e siciliana nel Regno delle due Sicilie.
La Corte dei Conti del Regno di Sardegna è la matrice della nostra moderna ed attuale Corte dei Conti, di cui oggi si celebrano i 150 anni. La Corte dei Conti, infatti, è stata costituita con la legge del 14 agosto 1862 n.800 (inaugurazione solenne il 10.10.1862), su iniziativa dell’allora Ministro delle Finanze Bastogi, proprio sul modello della Corte dei Conti del Regno di Sardegna, le cui linee fondamentali erano state tracciate da Cavour, il quale mai cessava di ripetere “è assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile”.
Quintino Sella in occasione della solenne cerimonia del suo insediamento osservava, tra l’altro, che si estendeva la funzione giurisdizionale alla Corte dei Conti del Regno d’Italia mercè “una delle più provvide e sapienti deliberazioni che la Nazione debba al Parlamento”.
Con la sua costituzione a servizio del Regno d’Italia vengono in sostanza confermate le funzioni già attribuite alla preesistente Corte dei Conti del Regno Sardo Piemontese, integrandole con quelle amministrative e giurisdizionali in materia di pensioni a carico dello Stato esercitate in precedenza dalla Corte dei Conti del Granducato di Toscana.
Vengono in tal modo attribuite alla Corte contabile la funzione di controllo preventivo e postumo su tutta l’attività amministrativa del Regno, di carattere finanziario che comporti spesa e gestione dell’erario (decreti reali, ministeriali, ordini di pagamento), il potere di vigilanza sulle pubbliche entrate e sull’attività degli agenti contabili, nonché il parere consultivo sul rendiconto dello Stato.
Si attribuisce altresì la funzione giurisdizionale in tema di contenzioso dei conti dei tesorieri e contabili pubblici (c.d. “giudizio di conto”).
La Corte dei Conti, anche con l’avvento della dittatura fascista, conserva il suo originario modello con le articolate funzioni sopra descritte e continua ad essere espressione dei poteri sovraordinati dello Stato al servizio esclusivo degli interessi di questo, talvolta contrapposto agli interessi del suddito, sebbene con il T.U. del 1934 si introducono i principi di garanzia che ancor oggi debbono informare il giudizio di responsabilità amministrativa-contabile: ossia la condanna al ristoro del danno erariale a carico del responsabile nel rispetto dei principi della graduazione della colpa ed di individualizzazione e personalizzazione della responsabilità.
Con la nascita delle democrazie moderne, sulle ceneri dei vecchi Stati segnati dai regimi dittatoriali sorti in Europa ai primi ‘900 (nazista in Germania, fascista in Italia ed in Spagna) ed alla loro sconfitta ad esito della seconda Guerra Mondiale (in Spagna il Franchismo reggerà ancora per lungo tempo), la riaffermazione della Corte dei Conti è stata fortemente dibattuta dalla Costituente della nostra democratica Repubblica per quanto riguarda la conferma della sua funzione giurisdizionale.
Presidente della Commissione parlamentare fu Conti, i relatori dei più significativi interventi sul tema furono Bozzi e Calamandrei; occorsero dieci mesi per licenziare il testo definitivo dell’art.100 della Costituzione ed un anno per il 103.
Dalla diatriba sorta in seno alla Costituente, soprattutto ad opera di Calamandrei (sostenuto da Leone e da Laconi, deputato sardo), che concepiva con il suo pensiero illuminista l’unicità della funzione giurisdizionale esercitata da una organo riconducibile al “potere giudiziario” (assolutamente indipendente ed autonomo nella netta separazione tra potere “legislativo”, “esecutivo” e “giudiziario”) deriva a mio parere l’antitesi –frutto di compromesso tra le diverse forze politiche- insita negli artt.102 e 103, ove nel primo (102) si stabilisce che “la funzione giurisdizionale é esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario” con il divieto di istituire giudici straordinari e giudici speciali, mentre nel secondo (103) si stabilisce che la giurisdizione speciale in tema di giustizia amministrativa viene esercitata dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti (di quanto per materia rispettivamente attribuito), riconducendo (o meglio conservando) questi due organi speciali di giustizia all’ambito del potere esecutivo.
L’antitesi viene superata dall’art. 104 (soluzione del compromesso), in cui si afferma l’indipendenza della “Magistratura” intesa come l’insieme di tutti gli organi con funzioni giurisdizionali, sia quelli dell’ordinamento “esecutivo” (Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Tribunale Militare, Commissioni Tributarie) sia quelli dell’ordinamento “giudiziario” (Giudici Ordinari di ogni fase e grado).
Con l’art.100 della nostra Costituzione si riafferma la funzione del controllo di legittimità -preventivo e consuntivo- sugli atti di governo di natura finanziaria e contabile, nonché sulla gestione del bilancio dello Stato, ed anche sugli Enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, restando in tal modo invariata, rispetto al preesistente regime, la funzione di organo ausiliario (Sezione III del Titolo III della Costituzione); si accompagna a tale funzione anche il potere preclusivo dell’efficacia dei provvedimenti di spesa, la loro sospensione e perfino il loro annullamento in caso di impiego non ottimale delle opere pubbliche od insufficiente copertura finanziaria; si conferma inoltre la funzione consultiva (pareri etc…).
Con l’art.103 della Costituzione viene riaffermata la funzione giurisdizionale della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica e di responsabilità amministrativa-contabile dei suoi funzionari, chiamati a rispondere del risarcimento di danni patrimoniali causati all’Amministrazione per comportamento doloso o gravemente colposo conformemente ai principi e criteri dettati dal T.U. del 1934.
L’evoluzione della giurisprudenza, la quale per un certo periodo (con l’affermazione della responsabilità solidale pro quota) ha in un certo qual modo eluso tali principi per riapplicarli in epoca recente, ha esteso la sua giurisdizione di responsabilità contabile a chiunque, anche al soggetto privato che amministri o gestisca denaro pubblico a qualsivoglia titolo.
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Sabino Cassese (Relazione alla “Giornata sul diritto alla buona amministrazione” Catalogna, Barcellona, 27 marzo 2009) riassume in quattro principali fasi storiche, nel corso degli ultimi due secoli, l’evoluzione del processo di legalizzazione della pubblica amministrazione e della trasformazione dell’oggetto (da interesse a diritto) della tutela giurisdizionale contabile:
1) Inizialmente, l’amministrazione veniva considerata attività libera da vincoli, in quanto esplicazione di un potere autonomo ed indipendente: quello “esecutivo”.
2) Successivamente, essa, pur continuando a far parte del potere esecutivo, è stata sottoposta alla legge (ciò è avvenuto in coincidenza con gli allargamenti del suffragio).
3) La terza fase è quella che si apre con la sottoposizione della stessa legge a una legge più alta, la Costituzione. In questa fase, nelle costituzioni sono penetrati non solo principi ai quali è sottoposto il legislatore, ma anche principi ai quali è sottoposta l’amministrazione.
4) Da ultimo, si affaccia una nuova fase, che vede consacrati principi relativi alle amministrazioni nazionali (oltre che a quelle globali) in atti normativi di rango costituzionale (variamente denominati: trattati, convenzioni, persino costituzioni) di portata globale o sopranazionale.
Cassese rimarca che “di questa fase sono importanti due aspetti.
-Il primo riguarda l’allargamento della protezione costituzionale dai diritti politici a quelli amministrativi.
-Il secondo riguarda la trasformazione dei principi amministrativi consacrati dalle costituzioni da meri doveri dell’amministrazione nei confronti della collettività, in generale “azionabili” solo dal parlamento che la rappresenta, in veri e propri obblighi, collocati in rapporti giuridici bilaterali, di cui è parte non la collettività nel suo insieme, ma ogni singola persona, che può azionare il diritto di cui è titolare rivolgendosi a un giudice o ad altro organo di controllo.
Mi chiedo, perciò, essendo intervenute poche timide novelle normative (è peraltro trascorso un ventennio dalle ultime) riguardo all’esercizio delle competenze giurisdizionali della Corte contabile, se non sia necessario un organico intervento legislativo, anche di revisione costituzionale, che ridisegni la tutela giurisdizionale del diritto di “ogni individuo” alla “buona amministrazione” dell’erario e delle risorse economiche pubbliche, in ragione dei profondi cambiamenti intervenuti nel corso di questi 150 anni e dell’attuazione degli obiettivi socio economici prefissati dalla Costituzione.
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Nella nostra Costituzione Repubblicana si intravede, in embrione il perseguimento di un interesse pubblico generale coincidente con quello dell’individuo ed un oggetto di tutela ben più ampio e diverso rispetto a quello preesistente di carattere prettamente contabile e finanziario perseguito nell’interesse esclusivo dello Stato.
Invero, nell’art.3 della Costituzione si afferma il diritto (soggettivo) del cittadino al “buon andamento ed alla imparzialità dell’Amministrazione”, in tutte le sue espressioni, ivi compresa quella contabile sancita dall’art.97, ove si attribuisce alla Repubblica l’onere di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Più chiaro è il dettato (art.28) della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (New York 10.12.1948), adottata dall’Assemblea Generale delle N.U.: “Ogni individuo ha il diritto ad un ordine sociale internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa dichiarazione possono essere pienamente realizzati”.
Hanno fatto seguito: il Patto Internazionale sui Diritti economici, sociali e culturali (New York – Assemblea Gen. N.U. 16.12.1966), in cui si afferma il diritto di “tutti i popoli” “alla libera autodeterminazione dello sviluppo economico sociale e culturale” nonché (art.6 comma 2), in capo a tutti gli Stati firmatari, l’“impegno ad assicurare un costante sviluppo economico e sociale ed un pieno impiego produttivo”; il Trattato della Comunità europea con cui si impone il rispetto di principi di “sana gestione finanziaria” (art. 248.2), di “buona gestione finanziaria” (art. 274.1) e dell’”obbligo di motivazione degli atti”(art. 253.1); la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata dal Parlamento, Consiglio e Commissione della Comunità Europea la prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e la seconda volta il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (vincolante dal 2008 con la sottoscrizione del Trattato di Lisbona), che afferma (art.41) il “Diritto dell’individuo ad una buona amministrazione”, da intendersi nella sua ampia accezione ed in ogni sua espressione, compresa quella finanziaria e contabile; l’espressione ”ogni individuo” consente anche a gruppi o associazioni di far valere a proprio favore il diritto alla buona amministrazione.
“Si può dire che il nucleo essenziale del principio di buona amministrazione costituisca il nucleo principale del diritto amministrativo globale….Il principio è il frutto, da un lato, della espansione della sfera pubblica, dall’altro, della estensione della disciplina costituzionale dall’ambito politico a quello amministrativo….Il perimetro pubblico si è andato allargando fino ad toccare tutti gli interessi collettivi (evoluzione funzionale): all’origine in funzione della efficacia della pubblica amministrazione (ex parte principis), è divenuto principio in funzione dei diritti dei cittadini (ex parte civis): quindi la tutela giurisdizionale amministrativa-contabile è divenuta strumento “…per assicurare una difesa dal potere pubblico, perché le situazioni giuridiche soggettive dei privati siano tutelate più efficacemente” (Cassese, idem).
Non trattasi di “nuovi” diritti, bensì di “diritti” fino a mezzo secolo fa negletti, sacrificati, oppressi dal ruolo di uno Stato sovrano, in contrapposizione autoritaria con il suo popolo; ruolo che, purtroppo, tende a riaffiorare anche nel moderno Stato democratico, nell’esercizio distorto o deviato delle differenti articolate espressioni fiscali del suo potere, che può essere inibito solo da un Giudice libero ed indipendente, sia esso ordinario sia esso speciale per materia -quale la Corte dei Conti- allorquando l’attività della P.A. riguardi l’uso e l’impegno delle risorse economiche e finanziarie dello Stato in tutte le sue forme.
Il valore etico del corretto esercizio dell’amministrazione erariale è intrinseco nel suo fine preordinato all’attuazione piena dei diritti fondamentali ed assoluti dell’individuo, con l’impiego delle risorse economiche dello Stato volto alla rimozione di tutti gli ostacoli, pregiudizi, discriminazioni, perciò a garantire la sua libertà, la sua salute, la sua vita in dignità, la sua parità nei rapporti sociali e nella tutela giudiziaria.
Mala tempora currunt
La grave e globale crisi economica ha travolto inevitabilmente anche il nostro Paese scoprendo il nervo malato di una classe politica che non è in grado di fronteggiarla, tanto da abdicare al suo ruolo esecutivo, di conseguenza affidato (chissà per quanto tempo) ad un Governo di tecnici.
Ritengo che questa impotenza sia frutto della irrisolta c.d. “questione morale”, che la classe politica non ha voluto ancora affrontare incacrenendo i mali di un sistema eccessivamente contaminato, in un contesto sociale in cui predominano il distorto impiego del danaro pubblico e la cattiva gestione delle finanze erariali.
Ora, con le diverse leggi di sviluppo, di snellimento delle procedure amministrative, di partecipazione degli interessati, nonché con la Legge costituzionale del 20 aprile 2012, che regola l’attività finanziaria per la gestione e riequilibrio del pubblico bilancio, si è avviato un profondo processo di riforma della gestione finanziaria della Pubblica Amministrazione, la quale rischia, però, di essere vanificata se non viene accompagnata dal profondo rinnovamento, in senso etico, di una consapevole e preparata classe politica: non può aversi buona ed imparziale amministrazione da parte di una classe politica incapace di frenare al proprio interno la mercificazione del mandato politico nonché di organizzare un confacente apparato amministrativo-burocratico onde prevenire l’uso distorto, spesso corrotto, delle risorse economiche dello Stato, con grave deviazione dai sopra enunciati fini costituzionali.
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Posso concludere, a prescindere da opposte opinioni riguardo alla attribuzione della funzione giurisdizionale alla medesima, che la Corte dei Conti, nell’esercizio sia amministrativo sia giurisdizionale della tutela del principio di buona amministrazione in materia di impiego delle risorse finanziarie dello Stato, svolge un ruolo primario ed essenziale per la salvaguardia e l’attuazione del superiore valore etico del diritto fondamentale sancito dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo:
“Ogni individuo ha il diritto ad un ordine sociale internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa dichiarazione possono essere pienamente realizzati”.